E’ entrato in vigore dal 25 agosto il Digital Services Act, il nuovo regolamento emanato dall’UE per frenare il ‘far west digitale‘, che prevede anche misure a tutela della privacy e per la protezione dei minori.
Lo scopo del regolamento, che si basa sul principio che ciò che è illegale offline debba esserlo anche online, è quello di creare un ambiente digitale sicuro e affidabile, dove i diritti dei consumatori siano salvaguardati. Le piattaforme dovranno dunque garantire maggiore sicurezza ai consumatori, tutelare i loro diritti, contrastare la diffusione di contenuti illegali e disinformazione, e stabilire un quadro normativo chiaro ed efficace sulla trasparenza e responsabilità delle piattaforme.
Tra gli obblighi introdotti dal Digital Services Act figura l’introduzione di sistemi di segnalazione dei contenuti illegali che le stesse piattaforme dovranno poi vagliare ed eventualmente rimuovere in tempi brevi. Non sarà poi più possibile visualizzare annunci pubblicitari basati su dati sensibili dell’utente, come origine etnica, opinioni politiche, orientamento sessuale.
Inoltre, per gli utenti europei dei social network dovrebbe tornare anche la possibilità di poter scegliere di vedere i contenuti in ordine cronologico e non sulla base di scelte fatte da un algoritmo.
Scaduto il termine per adeguarsi, il Digital Services Act dovrà ora essere rispettato da tutte le piattaforme online che raggiungono almeno i 45 milioni di utenti attivi online ogni mese, tra cui Amazon Store, AppStore, Booking, Facebook, Google, Instagram, LinkedIn, TikTok, Twitter (adesso rinominato in “X”), Wikipedia, YouTube, e Zalando.
Se Meta ha risposto positivamente, creando un apposito “Centro di Trasparenza” dove si trovano tutte le informazioni su come gli algoritmi agiscono sulle piattaforme per proporre i contenuti consigliati, invece Amazon nelle scorse settimane ha presentato richiesta alla Corte di giustizia dell’Ue di annullare la decisione con cui la Commissione europea l’ha classificata tra le grandi piattaforme online che ricadono sotto una serie di obblighi aggiuntivi, tra cui vigilare sulla pubblicazione di contenuti che incitino all’odio o diffondano disinformazione. Anche Zalando ha presentato ricorso.
Le piattaforme che, pur rientrando negli adempimenti richiesti dal Digital Services Act, ne violeranno le regole saranno passibili di multe fino al 6% del loro fatturato annuo e, in caso di recidiva, il divieto di operare sul territorio europeo.